FROSINONE - Sassuolo - 37a giornata (08/05/2016 ore 15,00)

Discutiamo Sulle Partite Di Campionato Del Nostro Frosinone

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Sogno giallAzzurro
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Re: FROSINONE - Sassuolo - 37a giornata (08/05/2016 ore 15,0

Messaggioda Sogno giallAzzurro » 09/05/2016, 18:36

Sogno giallAzzurro ha scritto:Ci separiamo dalla serie A. Torneremo presto, perchè la gente e lo sport non possono fare a meno di tutto questo.

Appunto, in Ciociaria ci sanno fare. Al Frosinone lo scudetto della saggezza. Dopo tutto, è per questo che già ci manca. cit. Retrocessi e applauditi
CRISTIANO GATTI per IL CORRIERE DELLA SERA

Una conferma immediata e piacevole di quanto scrivevo ieri.
I miracoli sono sogni che diventano luce.
(Alan Drew)


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Sogno giallAzzurro
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Re: FROSINONE - Sassuolo - 37a giornata (08/05/2016 ore 15,0

Messaggioda Sogno giallAzzurro » 09/05/2016, 21:23

Leggendo su Fb le note descrittive di Simone Meloni, si trova questo:
Fotografare e narrare le domeniche dei mitomani che tifano presso Sportpeople.net e Articolista ed inviato presso SuperNews

Abbiamo imparato a conoscerlo, dopo ogni partita casalinga, già da qualche anno. L'articolo che riproduco più sotto mi pare azzeccatissimo e mi piace copiare ed incollarlo, riportando anche il sito da cui è tratto - http://www.sportpeople.net - ricco di foto e filmati. Dateci un'occhiata, se non ne avete avuto l'occasione e soprattutto se non siete ancora stanchi di leggere testimonianze dirette.

“Sembra davvero di stare in Inghilterra”, sentenziano sommi poeti dell’etere televisivo qualche istante dopo il fischio finale di Frosinone-Sassuolo, che sancisce la matematica retrocessione dei giallazzurri. Sì, perchè l’italiano medio che regna nel tubo catodico deve per forza paragonarsi a qualcuno d’Oltralpe. Spesso incapace di conoscere la propria cultura e le proprie tradizioni, e sempre più agevolato a sparare a zero su un qualcosa che, volente o nolente, ha sovente contraddistinto il nostro pubblico, rendendolo uno dei più ammirati e copiati in tutto il Vecchio Continente.
Gli ultras, i tifosi, i supporter. Chiamateli come volete. Quelli del Matusa. Quelli che in questa domenica “hanno dato lezione di civiltà”, forse in tanti li scoprono oggi. Perché abituati a seguire solo la Serie A. Anzi, soltanto la colonnina sinistra della classifica della massima categoria. Laddove, con il passare del tempo, si sono sempre più annidate squadre artefatte, con tifoserie in grado di lamentarsi e contestare per una sconfitta dopo cento vittorie. Io dico che non sembrava l’Inghilterra. Sembra semplicemente l’Italia. Sembrava, anzi era, il pubblico di Frosinone. E se mi dite che, assieme a quello di Verona, quest’anno ha dato una lezione ai “colleghi” più grandi della medesima serie, allora mi trovo d’accordo.
Ma non parlateci di Leicester, di favoletta, di sogno. Per piacere. Evitateci questa retorica becera. Sì, becera. Perché, per quanto l’impresa di mister Ranieri sia romantica e piaccia a tutti noi che il calcio lo intendiamo in una data maniera, sappiamo bene come nel nostro Paese la stessa sia pressoché irripetibile ai giorni d’oggi. Così un fantomatico Leicester italiano potrebbe arrivare massimo terzo o quarto, conquistando il prestigioso palcoscenico europeo. Lo sanno bene i tifosi ciociari, entrati in questa categoria con gli sfavori della sorte e l’avversione di chi, sin dal primo momento, non li ha visti di buon occhio. Basterebbe analizzare partita per partita, per accorgersi come una squadra, indubbiamente dal valore mediocre, non sia stata nemmeno aiutata dalla sorte arbitrale. E sappiamo quanto nel Belpaese ciò non sia del tutto casuale.
Del resto, pochi istanti dopo il fischio finale, abbiamo potuto udire che il Leicester italiano sarebbe il Sassuolo. Giusto. Giustissimo. Una squadra che non gioca nella propria città, non gioca nel proprio stadio, che vive di virtualità e ha bisogno di raccattare bimbi in tutta la provincia di Reggio Emilia per far numero. Una squadra che, allo schiocco di dita del proprio number one, si può permettere di cambiare l’intera rosa in gennaio e che rappresenta al massimo la plastificazione di questo sport, non può che essere la massima rappresentante del calcio italiano. E se i nostri bimbi devono sognare con questi esempi, allora gli auguro di non dormire più per tutta la loro vita. O di avere almeno dei padri che gli facciano aprire gli occhi, insegnandogli a sognare ed emozionarsi più di fronte a un pubblico che retrocedendo canta e saltella che di fronte a una squadra forte ma senza anima, identità e senso di appartenenza. Non me ne voglia nessuno.
Ho riguardato indietro, nelle foto di quel Frosinone-Crotone che, circa un anno fa, sanciva la storica promozione dei ciociari. Ho rivisto tante scene comuni con questa domenica. Soltanto gli esiti sono diametralmente opposti. I tifosi frusinati hanno capito tanto di questo campionato. I tifosi frusinati non sono stati degni di questo campionato. Come non lo sono stati quelli dell’Hellas. Perché hanno saputo infischiarsene dell’andamento sportivo del proprio club e gettare il cuore oltre l’ostacolo, onorando la presenza in Serie A nella miglior maniera possibile. Hanno capito che il loro non è un fattore di categoria, perché a Frosinone ancora si vive il calcio come qualche anno fa. Perché non c’è quella frenesia e quel modo di fare arrogante e prepotente che regna ormai sovrano in diverse piazze italiane. E questo non vuol dire certo essere gli “scemi del paese”. Quelli che accettano tutto e sorridono ugualmente non capendo in quale situazione si trovino. Vuol dire avere ancora quella genuinità e quella veracità di cui ormai il grande calcio nazionale è totalmente privo.
Mi viene da ridere pensando alle parole di un’addetta ai lavori questa estate, ai margini dell’esordio stagionale dei ciociari in Coppa Italia contro lo Spezia: “Questi ancora non hanno capito di essere in Serie A, ragionano come se giocassero contro il Pizzighettone”. Quasi come se fosse un difetto. Quasi come se per giocare in massima categoria si debba per forza perdere tutto quello che si è accumulato nel tempo. Quasi come se, una volta raggiunti certi livelli, bisogni dimenticare le rivalità storiche o gli amici di sempre. È proprio questo modello asettico e privo di sentimenti che ha ucciso il nostro tifo, ancora prima di decreti e repressione.
E allora il Matusa cala il sipario su quest’annata. Forse cala il sipario definitivamente su 84 anni di onorata carriera, lo sapremo a breve. Di sicuro saluta la stagione sulle note di quel Che sarà sarà, specchio fedele di un modus vivendi che non deve conoscere tramonto. Nel pieno rispetto di quanto i tifosi italiani hanno sempre saputo dare. Senza fare paragoni fuori luogo. Bisognerebbe avere più rispetto e riguardo per la nostra storia. Non solo applaudire come burattini quel che accade all’estero. Perché se si vuol raccontare una favola, si deve far sì che la realtà sia favolosa tutti i giorni.
Simone Meloni.
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