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IlFoglio - Maurizio Stirpe

Inviato: 10/06/2015, 8:50
da valerio
Il nostro presidente è profetico e lungimirante,lui è la nostra ricchezza e fa le nostre fortune.




"Perché nel calcio italiano fanno soldi soprattutto le squadre senza ambizioni "
Al netto dei commenti prettamente tecnici, degli sfottò, del bagno di realtà fatto cadendo dal trampolino di un’iperbole troppo osè per poter essere rispettata (“Vincere è l’unica cosa che conta”), il post Juventus-Barcellona, finale di Champions League che ha visto prevalere i catalani per 3-1, insegna che se una squadra di calcio vuole ambire al top in Europa deve ottenere sì risultati sul campo, ma soprattutto aumentare esponenzialmente i ricavi, o rischia di essere una meteora nel cielo illuminato dalle solite stelle (Barcellona appunto, Real Madrid, Bayern Monaco, Manchester United e compagnia calciante). Il brand assume un’importanza capitale (si pensi al Milan, valutato un miliardo non certo per il parco giocatori attuale), il Fair Play finanziario costringe a tenere d’occhio i conti, una certa leggerezza nei bilanci non è più perdonata (si pensi alle licenze Uefa negate a Parma e Genoa, ma non solo), gli stadi di proprietà sono la chiave per fare soldi: il vecchio luogo comune per cui un imprenditore che vuole guadagnare non dovrebbe investire nel calcio forse non è mai stato così vero come in questi tempi. Tempi di rivoluzioni calcistiche impensabili poco tempo fa, almeno da noi, con società storiche fallite o impantanate nelle serie minori e tante “piccole” che si affacciano in serie A con l’intenzione di restarci: il Chievo da qualche lustro, e di recente il Sassuolo, il Carpi, il Frosinone. Queste ultime due citate da qualcuno come esempio negativo di un sistema che avrebbe bisogno di ben altri richiami per tornare a essere spettacolare. Maurizio Stirpe è presidente del Frosinone dal 2003; arrivato in serie A per la prima volta, parla già con la prudenza di chi conosce gli squali che lo circondano. Spiega al Foglio che fare soldi con il calcio in Italia è un privilegio di pochi, e non sono quei pochi che tutti abbiamo in mente: “In questo mondo è bravo chi riesce a farsi meno male – spiega – In Italia il pallone non è ancora un’impresa che riesce a produrre reddito”. Difficile dargli torto, guardando certi bilanci.



Paradossalmente “sta bene soltanto chi non lotta per grandi obiettivi – prosegue Stirpe – e riesce a mantenere una certa stabilità sportiva”, evitando di retrocedere e galleggiando in serie A, ma non troppo in alto, salvo eccezioni. Il patron del Frosinone pensa a società come Udinese, Chievo, Lazio, che da tempo hanno trovato una loro dimensione, alternano stagioni buone a stagioni discrete, e ogni estate riescono a vendere qualche giocatore prima sconosciuto e poi esploso, generando plusvalenze e reinvestendo. Chi lotta per la vetta si trova invece a spendere molto per ingaggi e acquisti, ma a incassare poco. In attesa del calciomercato, è difficile trovare chi scommetta sulla permanenza in A del Frosinone l’anno prossimo: “Noi stiamo studiando quei casi virtuosi – spiega Stirpe – per trarne esempio. Vogliamo che il calcio sia sostenibile per gli azionisti, che diventi un’attività autosufficiente”. Stirpe usa il linguaggio rodato di chi osserva la crisi del calcio italiano: parla di settori giovanili e brand da valorizzare, di fonti di ricavo da diversificare, di “zoccolo duro della squadra” da cui ripartire, di entusiasmo dei tifosi da incanalare nel verso giusto – c’è uno stadio da costruire a Frosinone, intanto si giocherà al Matusa. Sa che l’occasione è imperdibile, che è fondamentale azzeccare la prima stagione, come hanno fatto Sassuolo ed Empoli, e che “la crisi sta cambiando la geografia del calcio, non per niente anche in Italia arrivano acquirenti stranieri. Il Frosinone ha approfittato della situazione particolare – ammette – alcuni stereotipi, come quello delle neoretrocesse che una volta tornavano subito in serie A, non si avverano più”, ormai chi scende in B perde tutti i giocatori più forti e un sacco di soldi. “E poi sul campo siamo stati più forti”, sorride. Presidente di Confindustria Lazio dal 2007, Stirpe conosce pesi e contrappesi della Lega Calcio da tempo: usa parole di miele per i colleghi presidenti (“Tanti amici che provano a migliorare questo sport”), evita di parlare di Lotito e si sbilancia solo sull’inchiesta che ha colpito la Fifa: “Sono allergico alle poltrone occupate per troppo tempo. Questa storia nuocerà molto al movimento del calcio, ne mina profondamente la credibilità”.